FarWest

Quando la summa esperienziale di un conduttore riesce a permeare la scrittura di un nuovo programma tv, ecco che avviene la cosiddetta personalizzazione mediatica, dove è più il carisma, lo stile del conduttore a fare breccia nell’immaginario dello spettatore.
Salvo Sottile, in effetti, ricalca tale personificazione poiché, al solo denominarlo, si pensa alla pacatezza, al rigore e alla vocazione editorialista.
E ora, con il nuovo “FarWest”, Sottile non tradisce la sua anima da giornalista, anche questa volta votata a far emergere la voce dei luoghi di periferia, in cui regna il disagio, l’impotenza e l’indignazione repressa a causa dei poteri altri, apparentemente invincibili persino dallo Stato italiano. Lo show si divide in tre macroaree, intersecate da altrettanti diversi servizi che ricalcano uno stile d’inchiesta alla “Report” o “PresaDiretta”.
Il primo argomento riguarda sempre il filo dell’approfondimento, come la rilettura del caso della strage di Capaci e della conseguente uccisione di Borsellino.
Segue, poi, un’analisi più tendente al sociale, che ammicca allo stile di conduzione dello stesso Sottile nel suo vecchio “Mi Manda Rai Tre”, dove si affrontano, ad esempio, temi come l’inchiesta su una truffa milionaria all’Inps.
Infine, si conclude con una vena da racconto, ricalcando un po’ il passato da “Quarto Grado” del giornalista con, come esemplare, la riesamina del caso Melania Rea. Dunque, “FarWest” ha il potenziale di conformarsi come una commistione di approfondimento e attualità, adatto a un pubblico di adulti per i temi proposti.