Cinque minuti

Nell’eterna guerra tra i palinsesti Rai volta a contendersi lo scettro ereditario de “Il fatto” dell’intramontabile quanto insuperabile Enzo Biagi, è emersa la controproposta di Bruno Vespa con “Cinque minuti”. In onda in contemporanea con il più sinistroide “Il cavallo e la torre” di Damilano e la versione più radical chic di “Otto e mezzo” , Vespa, ultimo rappresentante del giornalismo politico del passato, propone la sua versione di programma di approfondimento post Tg1 con una rielaborazione più stringata, edulcorata di “Porta a Porta”, non tralasciando però, la sua vena profondamente istituzionale.
Il format prevede che Vespa suggerisca agli ospiti un tema d’attualità, sul quale gli intervistati possono esprimersi liberamente. Ciò che connota, dunque, questi minuti televisivi è la mancanza di un contraddittorio litigioso, di un contrasto urlato, di un’informazione annacquata. Nessuna obiezione viene esposta e imposta dai e ai partecipanti del simposio di Vespa.
Per tale ragione, il principio fondante del programma si vede rispecchiato nella sua quotidiana messa in onda: questi cinque minuti servono a raccontare, a riportare i fatti nazionali e internazionali, come sunto, come cappello giornalistico, che riassume efficacemente l’agenda setting del più lungo telegiornale.
Con telecamera fissa sui pochi ospiti – uno o due – la grammatica filmica rispecchia la struttura essenziale autoriale che connota una nuova primavera per il giornalista, pronto a una rinnovata liturgia narrativa, priva di fronzoli barocchi. Un programma per +16 per i temi proposti.