Suncoast

Spesso la morte di qualcuno è una struggente occasione di vita per chi resta. E questo è il caso della storia descritta in “Suncoast”.
Doris non è una ragazzina come tutte le altre. Da anni accudisce, insieme a sua madre Kristine, suo fratello Max, affetto da un tumore al cervello. Purtroppo, la malattia lo sta portando alla morte e per questo le due donne sono costrette a trasferirlo in un hospice in cui casualmente è ricoverata Terri Schiavo.
Con la lotta tra sostenitori e detrattori dell’eutanasia del caso Schiavo, come sfondo alle loro esistenze, Doris e Kristine si preparano, a loro modo, al lutto imminente, non senza bruschi conflitti e momenti di sfiducia.
Doris, divisa tra l’amore per la madre e il fratello, vive una sempre più grande sofferenza verso la sua esistenza. Infatti, non ha modo di rivelare i suoi dispiaceri a sua madre, fin troppo concentrata su Max e sul suo dolore. Non ha nemmeno dei veri e propri amici con cui confidarsi, con cui potersi sentire compresa, accettata. Sentendo di essere cresciuta troppo in fretta, Doris desidera solo vivere quella spensieratezza tipica della gioventù, unita alla possibilità di sbagliare, di uscire con le amiche, di avere il suo primo bacio… insomma di non essere già una donna perfetta, come Kristine pretende.
“Suncoast” è un emblematico esempio di perfetta scrittura cinematografica, perché suggerisce, con raffinata delicatezza, temi quali la riflessione sulla morte e sulla vita, la consapevolezza del proprio io e la difficoltà nell’integrarsi in un contesto sociale. Un film commovente, adatto ai +16 per i temi proposti.