Il profumo dell’oro

Non è facile essere un provinciale. La provincia è un piccolo mondo capace di mutarsi in una morsa da cui è difficile scappare, specialmente quando non sei nato con la camicia. E Daniel, il protagonista del film “Il profumo dell’oro”, sembra esserne l’emblema lampante. Fin da piccolo è vissuto all’ombra della famiglia Breuil, la dinastia più ricca della città di Chartres, capace di dettare legge su tutta la comunità che l’attornia. Questo perché i Breuil gestiscono la sola azienda presente sul territorio, che garantisce gli unici introiti economici all’intera popolazione. Persino Daniel, seppur controvoglia, è costretto a farsi assumere pur di sopravvivere. Così, finisce davanti a un rullo trasportatore come addetto allo smistamento di profumi di lusso, schiacciato dai soprusi dei capi e dalle prese in giro degli amici. Daniel, però, non riuscendo a sopportare l’onta, decide di rischiare il tutto per tutto: ruba piccole quantità di stock e li rivende sul mercato nero. Per farlo, assolda un team di improbabili criminali tra i dipendenti dei Breuil. Il suo piano fila a gonfie vele, fin quando non rischia di prendere una piega pericolosa. Daniel è un egoista Robin Hood che ruba solo per sé stesso, vittima di una nuova società individualista e divisiva in cui le persone arrancano pur di ottenere una ricchezza privilegiata.
Questo film altro non è che una disamina del potere esacerbante di pochi sulla moltitudine. Nemmeno la sottotrama romantica del protagonista aiuta ad alzare il tiro. Una commedia amara e cinica adatta a un pubblico di +16 per i temi proposti.