Fair Play

L’amore non deve essere visto come un rifugio dai dubbi e dalle inquietudini esistenziali. Eppure l’uomo cade fin troppo spesso in questo errore, pensando che l’amore, o meglio, che la passione amorosa possa bastare. E in effetti, anche Emily e Luke non sono esenti da questo preconcetto.
La loro attrazione senza limiti li porta al punto di volersi sposare. L’unico ostacolo, però, è il loro lavoro. I due sono impiegati in un’azienda di investimenti che ha una politica interna restrittiva in merito alle relazioni tra colleghi.
Così, sono costretti a non rivelare a nessuno il loro rapporto d’amore. Un giorno, però, tutto cambia quando si apre una possibilità di scatto di carriera.
Entrambi pensano sia Luke il fortunato che otterrà la promozione, ma il grande capo li sorprende, nominando Emily come superiore. I ruoli, all’interno e all’esterno della coppia, cambiano drasticamente. Le dinamiche di potere impattano nel piano emotivo quanto ipocrita dei due promessi sposi, disvelando la dimensione più tossica del pensiero psicologico di due entità non ancora pronte, nei fatti, a concepirsi altro rispetto alle tipiche discriminazioni di genere.
La distinzione sessuale e il suo impatto emotivo diventano la miccia per costruire nella mente dello spettatore una riflessione cruda e distaccata rispetto a questi due personaggi. Il film, in effetti, si limita a delineare il disfacimento di una coppia, con un’opera d’estraniamento così rigido e sconfortevole tale da far insinuare una sensazione di fastidio. “Fair Play” è adatto a un pubblico +18 per scene di sesso violento e temi cruenti.