Wanna

Essere “d’accordo” con Wanna Marchi è un’esperienza travolgente quanto pericolosa. Ne sanno qualcosa i tanti telespettatori truffati che non hanno resistito al fascino crudo e violento che la televenditrice ha emanato dinanzi ai riflettori.
Lo stesso carisma si evince da questo documentario, l’ultima televendita sulla persona, o meglio sul fenomeno “Marchi”. Wanna è una docu-serie incentrata sull’ascesa e caduta del personaggio più emblematico della tv degli anni ’80. L’incipit racconta di come una donna con licenza elementare, figlia di contadini e moglie di un incallito dongiovanni squattrinato, abbia deciso di puntare su sé stessa dando vita a un impero mediatico incentrato sulle telepromozioni di prodotti di bellezza. Insieme a sua figlia Stefania – vero e proprio ampliamento della Marchi, più che mero individuo a sé stante -, Wanna desidera impersonare l’emblema edonista dell’italiano self-made. Vuole arrivare, e in fretta, al dio denaro e al dio potere per rivendicare un posto nel mondo. Ma come Icaro, più sali, più rischi di bruciarti. La donna giunge a pensare di essere così capace da poter persino vendere la fortuna, intuendo i bisogni e le paure degli spettatori. Così, dal vendere la promessa di diventare belli, incomincia a vendere l’ipotesi di sventura. Ed è qui che l’empatia per la resilienza incosciente di Wanna viene meno. Non vi è nessun arco di trasformazione, né pentimento nel cuore delle due Marchi, prime vittime della fragilità liquida dei loro tempi.
Un documentario crudo, quanto verace. Adatto a +18 per la tematica morale elaborata.