Verissimo

Il rapporto che intercorre tra un programma televisivo e il suo conduttore può essere definibile come osmotico, viscerale.
In effetti, se si osserva il percorso di Silvia Toffanin e del suo Verissimo, si può appurare quanto entrambi siano cresciuti artisticamente e professionalmente nel corso degli anni. Questa loro felice epifania introspettiva nasce da una capacità intrinseca di sapersi concepire altro rispetto alla tv sensazionalista, volta all’urlo e allo scontro fisico, se non addirittura barbarico. Entrando nel salotto di Silvia “si parla”, e lo si fa con toni sommessi, pacati e rispettosi verso gli ospiti. Le interviste realizzate hanno una precisa finalità: empatizzare verso il proprio interlocutore, evidenziando esclusivamente i buoni sentimenti e le emozioni che volgono la vita verso il positivo, seppur consapevoli di quanto un’esistenza possa venire incidentata lungo il cammino. In effetti la conduttrice, pur con il suo consueto fare garbato, non elude mai i temi più drammatici dei suoi intervistati, poiché consapevole che quelle situazioni negative, in summa con i ricordi del cuore, performano al meglio la personalità di ogni essere umano. I racconti diventano dunque moniti dignitosi, e non un piagnisteo da Auditel. E quantunque i kleenex siano posti sempre a lato della seduta di ogni ospite, pronti a mascherare brevi istanti di commozione o imbarazzo, vi è spazio anche per le risate. Gli intervistati, coccolati dalla convivialità della chiacchierata, possono lasciarsi andare ad amarcord irriverenti su sé stessi.
Verissimo è un programma accogliente e familiare, adatto a tutti.