Beata te

Marta, regista teatrale single, ha appena festeggiato i 40 anni quando le compare l’Arcangelo Gabriele e le annuncia che diventerà madre. La protagonista, ovviamente incredula, deve presto accettare l’identità dello strano personaggio, ha 15 giorni di tempo per accogliere o meno l’insolita “proposta”.
A questo punto la sua prospettiva cambia totalmente, sia rispetto all’ipotesi di un figlio, rimandata pensando di avere tempo (ma forse il tempo non è più così tanto), che di trovare un compagno di vita, perché per crescere un figlio è bene che ci sia anche un padre. Anzi lei è convinta che questo bimbo possa decidere di averlo anche senza interventi straordinari, trovando appunto l’uomo giusto.
L’evento surreale che dà vita a tutte le vicende costringe Marta a riflettere su sé stessa e il suo femminile lasciato sopito per troppo tempo, rinunciando anche a una vita affettiva oltre al pensiero di una maternità. Questa ricerca interiore ed esteriore, impacciata e narrata attraverso divertenti episodi, è l’occasione per parlare della maternità – ormai quasi un tabù, spesso un problema da evitare – delle sue fatiche e bellezza, a cui la donna non deve rinunciare a causa del lavoro o di rapporti affettivi complessi e instabili.
Scansano il pericolo di irriverenza rispetto alla religione cristiana la leggerezza dei toni e della storia e il finale: una narrazione che rientra nell’abitudine tutta italiana di tirare in ballo il sacro nel quotidiano, anche laico, con quel fare ironia servendosi anche di contenuti e personaggi della fede radicati nella nostra cultura, tradizione e vita.