Il Divin Codino

Impresa ardua realizzare la biografia di Roberto Baggio, vista la complessità del personaggio e quanto sia stato amato. Gli autori decidono di presentarne il lato umano e tenere le vicende sportive, la carriera, le vittorie, le sconfitte, i ripetuti e dolorosi infortuni come il filo conduttore di un percorso personale, di cadute, di crisi, di ripartenze, di maturazione. Scelta che lascia sicuramente delusi coloro che si aspettavano un’elegia sportiva del “divin codino”, un’esaltazione delle imprese calcistiche che hanno reso celebre la sua carriera, con quel modo di giocare creativo e fuori da ogni schema, che conduceva le sue squadre a grandi risultati ma era anche causa di scontri con i suoi allenatori. Noi invece apprezziamo questa scelta, perché è stata in qualche modo il tentativo di spiegare come la carriera sportiva sia stata per lui la palestra per crescere nella vita privata: il dover trovare ogni volta la forza per riprendersi da infortuni terribili, l’imparare a lavorare sul dolore, ad accoglierlo; la ricerca di un equilibrio interiore che troverà col buddismo, l’importanza della famiglia, con la moglie sempre vicina e pronta a sostenerlo. Il leitmotiv è quella promessa fatta al papà, che non riuscirà a mantenere ma che sarà risolta dal padre stesso: l’accettazione della sconfitta e del limite fa crescere più di una vittoria.
Quel calcio di rigore fallito a Usa ’94 in fondo è metafora della vita, della vita di ciascuno, come dice la canzone emozionante di Diodato: “Lo so, potrà sembrarti un’esagerazione, ma pure quel rigore a me ha insegnato un po’ la vita”.