Harlem

Un gruppo di quattro amiche di origini afroamericane condividono le avventure della loro quotidianità con ironia, tra gioie e dolori della vita professionale e sentimentale. Tutte le storie sono vissute dal punto di vista di Camille, una giovane professoressa di antropologia, e ambientate nel quartiere newyorkese di Harlem, epicentro della cultura black nella Grande Mela. Non c’è da sorprendersi, quindi, se questa breve trama risulta così familiare e se la serie richiama in più di un riferimento la celebre Sex and the City, ma in “salsa” afroamericana, riprendendone in pieno non solo le logiche narrative ma anche stilistiche in termini di immagini, ambientazioni e fotografia.
La leggerezza è forse l’unico vero pregio di questo show, “delizia” del buon umore per l’ilarità contagiosa di alcuni sketch, ma anche “croce” per la narrativa quando si tratta di ricercare un maggior spessore nei contenuti che purtroppo si fa fatica a trovare. A differenza di serie come Ugly Betty, dove il riferimento alla cultura d’appartenenza del personaggio è molto ben rappresentato anche nei valori, in Harlem i protagonisti di colore, sebbene siano esaltati nell’espressione del valore dell’emancipazione, risultano essere vuoti di contenuti, estremamente patinati e distaccati dalla realtà anche in termini di racconto della cultura afro e del quartiere che dà il titolo alla serie.
La visione è comunque consigliata ad un pubblico maggiore di 17 anni, per via del linguaggio, di immagini e dialoghi un po’ troppo eccessivi.