A muso duro

Antonio Maglio, medico dell’Inail, assiste un ragazzo che in seguito a un incidente rimane paraplegico. Con lui la vicina di casa, Stella, che, colpita dall’attenzione prestata dal medico al giovane, si lascia coinvolgere nell’idea di dar vita a un centro di riabilitazione che possa offrire una prospettiva di vita a giovani paraplegici grazie allo sport (ma anche alla musica). L’alternativa ai tempi delle vicende – la fiction è tratta dalla storia vera del dr. Maglio -, fine anni ‘50, era restare inermi in un letto, spesso immobilizzati dal gesso.
Il percorso, dall’apertura del centro di Ostia a quelle che poi sono state riconosciute come le prime Paralimpiadi, è tortuoso: per il pensare comune dell’epoca è difficile anche solo immaginare una vita “normale” per un paralitico, si tratta di cambiare la mentalità collettiva e convincere istituzioni e politica a investire in un progetto che appare folle. Ma Maglio, ispirato dal lavoro del dr. Guttmann, neurologo inglese, non molla e subito dopo le Olimpiadi del ’60 riesce in collaborazione col Coni a far disputare le gare paralimpiche a Roma.
Ancora una volta la fiction risulta un ottimo strumento per far conoscere al pubblico un italiano che si è distinto nel nostro Paese e nel mondo: le qualità di medico e di uomo di Antonio Maglio hanno contribuito a cambiare totalmente la visione della disabilità e oggi, anche grazie a lui, persone un tempo emarginate possono avere una vita dignitosa e “normale”, sebbene lui stesso sottolinei che la loro capacità di reagire alle difficoltà li rende “straordinari” e d’esempio per tutti.