27 Marzo 2022 Lo sviluppo del linguaggio La lingua si sviluppa prima nella mente del bambino attraverso l’ascolto per poi divenire espressione. Intorno ai 30 mesi avviene quella che Maria Montessori definisce “l’esplosione del linguaggio”. Più gli stimoli linguistici che offriamo si mostreranno ordinati, chiari, interessanti, migliore sarà l’organizzazione mentale del bambino e maggiormente ordinata e chiara si mostrerà l’esposizione linguistica quando si rivelerà. Pertanto parlare ai neonati bene e tanto si dimostra una scelta vincente per iniziare al meglio. La narrazione Quando si è genitori di un bimbo neonato trovare di che parlare non è semplice. Narrate allora ciò che accade: «Dobbiamo cambiarci! Ora ti sfilo i pantaloni… ti slaccio il pannolino… faccio scorrere un po’ d’acqua… senti com’è fresca? Ora ti asciugo…». Oltre a essere un ottimo esercizio di sviluppo linguistico, è una perfetta strategia per rassicurare il bambino durante le operazioni di igiene personale che spesso lo intimoriscono: il suono tranquillo e dolce della voce di mamma e papà trasmette al bambino sicurezza e calma. Date un nome alle cose Ogni oggetto ha un suo nome. Quando porgete un oggetto al bambino, sia esso una pallina, un pupazzo, un cucchiaio, un sonaglio, nominatelo lentamente, offrendo al bambino solo il nome dell’oggetto: «Pallina», invece di «guarda che bella! Una pallina! Ti piace? La vuoi prendere? Me la dai? La tengo io?». I racconti brevi Fin dalla primissima infanzia i piccoli adorano sentir parlare mamma e papà di cose vissute che devono rielaborare o dei programmi per il futuro prossimo. Ad esempio, raccontare al bambino la giornata trascorsa per addormentarsi può essere una valida strategia per farlo rilassare, sentir nominare con cura tutto ciò che ha visto e rielaborare i vissuti. Le caratteristiche delle frasi È importante che il linguaggio che usate abbia una struttura semplice. La semplicità non deve ricercarsi nei termini scelti, ma nella struttura: frasi brevi, con soggetto, predicato e complemento. I messaggi brevi e chiari sono più facilmente accolti e compresi. L’assenza di correzione Mai correggere direttamente un bambino che non pronuncia correttamente, mai chiedere a un bambino di parlare quando non si sente pronto a farlo. Il bambino pronuncia male certi termini o parla molto poco? Allora potrete offrirgli maggiori e migliori occasioni di ascolto, leggete di più, chiacchierate con semplicità e con maggior frequenza. «Voio aca, mama!», «Vuoi acqua? Ecco: acqua». Anche filastrocche e canzoncine sono di grande aiuto. Il ruolo del papà Nella nostra cultura, l’uomo è sempre rimasto fuori: dalla camera quando il parto avveniva in casa, dalla sala parto nell’ospedale, dall’ambulatorio pediatrico, dalle cure, dai primi giochi del bambino. Entrare in sala parto ha voluto dire per l’uomo un cambiamento profondo del suo modo di porsi, a livello psichico e fisico, di fronte alla donna e al neonato. Una vera e propria uscita dallo stato di “attesa passiva”. Nell’uomo, durante la gravidanza della compagna, compaiono spesso una serie di manifestazioni psicosomatiche (disturbi che interessano la schiena, la pancia): manifestazioni che vanno riconosciute, utilizzate per una presa di coscienza del fatto che la nascita di un figlio investe anche la vita psichica del padre, che anche l’uomo si sta preparando alla nascita. Per il neonato avere un padre che si è preparato alla nascita vuol dire trovare un’altra persona, oltre la madre, attenta ai suoi bisogni, pronta a un rapporto corporeo con lui, che ha elaborato e riconosciuto le proprie debolezze e le esigenze dell’altro. E’ importante capire che anche i papà possono e sanno accudire. L’approccio al corpo del neonato può essere per il padre fonte di emozioni positive: la scoperta del rapporto con un’altra persona. I gesti e le posizioni nell’accudire un neonato, nel nutrirlo, i modi di sostenerlo, non sono da intendersi come modalità geneticamente femminili: di fatto si evidenziano come atteggiamenti specificamente femminili perché da sempre praticati quasi esclusivamente dalle donne. Questo significa ad esempio che il modo di tenere in braccio un neonato, facendo una nicchia con le braccia, tenendolo vicino al proprio torace, guardandolo negli occhi, non è qualcosa che appartiene al sesso femminile, né deriva dall’essere donna, ma appartiene al neonato. È un suo bisogno, legato a precise caratteristiche anatomico-funzionali, e all’esigenza di rivivere la rassicurante esperienza delle posizioni uterine, a lui note. L’uomo che accudisce e cura “fisicamente” il figlio neonato può sembrare “fare il verso” alle donne, ma in realtà si “neonatizza”, si adatta cioè al neonato. E attraverso questi gesti inizia a costruire la relazione con suo figlio, relazione che la mamma già ha instaurato durante la gravidanza. Il ruolo della mamma Il ruolo della mamma nello sviluppo del bambino è un elemento fondamentale per il suo sviluppo psicologico: difatti, le sue cure e il suo amore hanno un effetto positivo sul suo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. La crescita fisico-emotiva del bambino è influenzata, infatti, dalla qualità del rapporto con il genitore. Già dalla gestazione il legame madre-bambino risulta necessario e importante a partire dalla trasmissione delle onde sonore e delle sensazioni tattili al rilascio di ormoni ‘nutrienti al corpo e all’anima’ come la serotonina, l’ossitocina e le endorfine. La madre infatti funziona come ‘regolatore nascosto’ dei sistemi neurobiologici di crescita (Mucci, 2020). Gli scambi con il bambino sono fondamentali: in particolare sono di rilievo la qualità della voce e degli scambi vocali, le espressioni facciali e le vocalizzazioni non verbali. La mamma ha anche il ruolo di mostrare al bambino il mondo che lo circonda, favorendo l’interazione con gli oggetti e le altre persone. Rilevante è il concetto di sintonizzazione affettiva ampiamente studiato in Psicologia: madre e bambino condividono mutualmente stati affettivi. Questo processo permette alla madre di comunicare con il proprio figlio in maniera efficace. Sviluppare una buona sintonizzazione affettiva con il bambino sembra essere un buon precursore dello sviluppo di un attaccamento sicuro tra madre e bambino, oltre a favorire un senso di benessere e di crescita verso la resilienza (Siegel, 2013). Verso i 4-5 mesi ha inizio il processo di individuazione e separazione dalla madre, momento in cui si favorisce l’autonomia del bambino. La mamma ha anche il compito di favorire la relazione del bambino col padre, non cercando un rapporto esclusivo col neonato ma accompagnando il processo di conoscenza tra i due. Videopillola di Elisabetta Scala sulla relazione con la mamma e con il papà: I nonni Il ruolo dei nonni nella vita del bambino è fondamentale, sia dal punto di vista di aiuto materiale che emotivo. Il legame tra nonno e nipote è contraddistinto da complicità, comprensione, tolleranza e risulta essere una sorta di mediazione nel ruolo educativo svolto dai genitori. Diversi sono i punti di forza del loro coinvolgimento sulla salute e sui comportamenti dei bambini: Un nonno in famiglia risulta associato a minori sintomi depressivi e a un minore comportamento deviante (Hamilton, 2005); I bambini sembrano mostrare un migliore adattamento comportamentale quando i nonni sono coinvolti nella loro cura (Sonuga-Barke & Mistry, 2000); Se coinvolti nell’alimentazione, i nonni possono influenzare significativamente la salute fisica del bambino; I nonni infondono sicurezza e fiducia, affetto e protezione I nonni contribuiscono a favorire il dialogo tra i componenti della famiglia, integrando le relazioni fra le varie generazioni, incentivando lo sviluppo di un senso di appartenenza familiare. Diversi sono i benefici per il bambino, ma al contrario anche per il nonno: infatti, i nipoti possono aiutare i nonni nel rimanere orientati sul presente piuttosto che rifugiarsi nei ricordi e contemporaneamente tengono occupati tempo e mente. I fratelli Quando c’è un nuovo nato avviene una ridistribuzione dei ruoli nella famiglia, in particolare quando è già presente un altro figlio. Se l’arrivo di un nuovo bambino viene vissuto male dal primogenito possono manifestarsi diversi comportamenti quali ad esempio capricci e ricerca di attenzioni che mostrano chiaramente il disagio e il malessere vissuto. Spesso possono emergere rivalità e gelosie, legati alla paura di perdere l’attenzione dei genitori e di non essere più amati come prima. In parte queste emozioni possono essere un normale periodo di passaggio che, se ben gestito e non sottovalutato, si risolverà in breve tempo. Oltre alla gelosia, però, tra fratelli può crearsi una profonda lealtà. Nel corso della vita, nel rapporto tra fratelli e sorelle, intervengono diverse variabili: la presenza dei genitori, il tipo di legame che i fratelli stabiliscono, il comportamento dei genitori nei confronti dei figli, fratelli dello stesso sesso nei confronti dei fratelli di sesso opposto, le differenze di età tra i fratelli particolari condizioni (disabilità, malattia fisica o mentale, tossicomania oppure un talento eccezionale) di uno dei fratelli (Legame fraterno: la diversità come fonte si sostegno – Psicologia (stateofmind.it)). Il ruolo del fratello è fondamentale anche come primo scenario sociale, dove il bambino impara a condividere, a gestire le emozioni, a sviluppare l’empatia. Può rappresentare, inoltre, un’importante fonte di sostegno e di aiuto. Che ruolo hanno i genitori? Possono educare, dettare le regole e promuovere l’affetto, di modo da determinare e favorire il rapporto tra fratelli, non facendo preferenze ed evitando di responsabilizzare troppo il figlio più grande rispetto al più piccolo; è importante spiegare al bambino cosa prevederà l’arrivo del nuovo nato, di modo da prepararlo ai cambiamenti. Videopillola di Elisabetta Scala sulla relazione con i fratelli: Il Gioco Il gioco per il bambino ha un’importante funzione nel corso del suo sviluppo, non solo ludica, importantissima, ma anche di apprendimento, considerando il gioco come “una palestra di apprendimento” (Piaget, 1936). Quindi, il tuo ruolo di genitore risulta essere molto importante, in quanto, interagendo attraverso il gioco con il tuo bambino hai la funzione di supervisore e di partecipazione attiva: puoi comprendere molto delle sue emozione e del suo pensiero dal suo modo di esprimersi attraverso il gioco e puoi usare il gioco per trasmettere conoscenze, regole e buoni comportamenti. Il bambino, giocando con te, si sente più contenuto emotivamente e può relazionarsi senza preoccuparsi dell’accettazione. Quello che imparerà a fare con il genitore si sposterà poi nel gioco con i pari. è importante che il genitore adatti la propria partecipazione al gioco in funzione dell’età del bambino e del suo livello di abilità motorie e cognitive, portandolo senza forzature a fare piccoli passi avanti, alternando gioco organizzato e gioco libero, che stimoli anche la creatività. Il gioco permette al bambino di relazionarsi con il mondo circostante e con gli altri. Quando scegliamo un gioco, è importante tenere a mente l’età. Giochi consigliati per le varie fasce d’età: 0-3 mesi: giochi morbidi, leggeri, che emettono un suono dolce, dai colori vivaci; 4-7 mesi: giochi manuali, come sonagli o da manipolare, spingere, tirare; 9-11 mesi: libri con immagini brillanti, morbidi e leggeri; 12-13 mesi: bambole e peluches, giocattoli che incoraggiano il gioco di ruolo, es. parlare al telefono, bere ad una tazza: 19-23 mesi: bambole e peluches, giocattoli con pulsanti, costruzioni; 2 anni: bambole, automobiline, pastelli, costruzioni; 3 anni: costruzioni più complesse, costruzioni a incastro, libri da colorare, puzzle, lavoretti; 4-5 anni: giocattoli per giochi di ruolo: bambole, casa delle bambole, burattini, camion, aerei; 6-8 anni: giochi da tavolo, giochi educativi, libri, software didattici; 9-12: materie prime per creare oggetti originali in legno e ceramica, perline, plastilina, strumenti musicali. Sempre: canzoncine, filastrocche, canzoni, musica via via sempre più complessa, gioco all’aperto e attività che stimolino il movimento e la coordinazione fisica (spesso bambini irrequieti e incontenibili hanno semplicemente bisogno di maggiori possibilità di movimento per “scaricare fisicamente” le loro energie) Fonte: Ministero della Salute – C_17_opuscoliPoster_206_allegato.pdf (salute.gov.it) Inserimento al nido/baby sitter L’inserimento al nido è un adattamento graduale che avviene all’interno dell’intero nucleo familiare: implica infatti nuove routine familiari, nuovi orari, nuove persone. Affidare il proprio bambino ad un asilo nido implica anche affidarsi alle educatrici presenti. Per il bambino è una buona opportunità per imparare a rapportarsi con nuovi adulti di riferimento e soprattutto con un gruppo di pari. Inoltre nel nido i locali sono adeguati alle esigenze dei bambini, i giochi sono adatti alle diverse età e il personale è preparato per la sua assistenza. “La cosa più importante per un buon inserimento è che il genitore si fidi dell’educatrice e che lo mostri al bambino con i suoi comportamenti. Se il bimbo percepisce questo, l’inserimento è già a buon punto” (Marcella Di Girolamo, educatrice). Solitamente l’inserimento dura un paio di settimane, dove il bambino impara gradualmente a stare al nido per un tempo sempre maggiore. Ecco alcuni consigli per te per il momento di inserimento al nido: Non cambiare le abitudini a casa, è importante continuare a fare quello che hai sempre fatto; Non spaventarti per il pianto del bambino, il momento dell’inserimento in un luogo che non conosce è per lui un cambiamento grosso, ma anche per te, per questo motivo è normale che ci siano crisi al distacco e momenti di pianto. Durante l’ambientamento i bambini possono reagire con stress alla separazione: essere più arrabbiati, fare più capricci, risentirne nel sonno, essere molto attaccati a figura di riferimento. Questo accade perché in qualche modo deve capire come funziona la separazione e la riunione. Va assegnata una figura fissa per l’inserimento, di norma chi sta più tempo con il bambino. Cerca di comprendere i capricci e rispondi a tono. Il capriccio è dovuto a uno stress emotivo. Accogli sempre l’emozione del bambino ma non va assecondato il suo capriccio. Non sentirti in colpa. Prenditi del tempo per metabolizzare la cosa e comprendere cosa ti ha portato alla scelta di segnarlo al nido (es. l’esigenza di lavorare). Condividi l'articolo su